Non molto tempo fa ho posto una domanda particolare ai pugili della BOXE TORTONA, ho chiesto se il pugilato a loro parere non fosse una disciplina da precludere a persone con alle spalle grosse problematiche famigliari, sfociate poi in atteggiamenti inadeguati come ad esempio episodi di violenza dovuti ad un mancato controllo della rabbia. Tutti erano dell’idea che la boxe fosse stata sempre male interpretata da chi non la conosce bene e non la pratica e che anziché incentivare atteggiamenti violenti sia in grado di aiutare le persone nel processo di gestione delle emozioni, anche di quelle più immediate ed apparentemente incontrollabili come la rabbia. Ieri pomeriggio sono andata a trovare Miller, un compagno di allenamenti, un ragazzone di appena sedici anni che da diverso tempo vive in una comunità psichiatrica per ragazzi e che è giunto quasi al termine del suo percorso riabilitativo in grado di introdurlo cautamente alla vita ‘normale’, classica e metodica alla quale tutti probabilmente stiamo ancora cercando di abituarci. La prima volta che ho incontrato Miller ho sorriso. Entrato in palestra l’ho visto spuntare in fondo al corridoio salutando tutti noi, già pronti all’ingresso della sala. Un sorriso semplice, pulito, il sorriso di chi ne ha passate tante e per questo motivo crede di averle già viste tutte. Con una mano reggeva lo zaino poggiato sulla spalla, aveva la classica camminata da bullo, ciondolante e calma, sembrava volesse dire: “adesso ci sono anch’io!”. Prima dell’allenamento dietro la porta degli spogliatoi maschili solitamente si sentono i ragazzi che giocano e scherzano dando l’impressione davvero che aspettassero ancora soltanto lui, e spesso mentre siamo concentrati nell’attività di gruppo, oltre alle grida di esortazione di Nicholas, il nostro maestro, sento parole di incoraggiamento ora da uno ora dall’altro e gesti di conforto rivolte a Miller quando senza fiato rallenta la sua corsa, o quando si blocca sfinito nel mezzo di una serie di addominali. È Il gruppo intero oggi a fargli da personal trainer, ma non sempre è stato così. – Quando ero piccolo – mi racconta Miller – provavo spesso ad avvicinarmi ai miei fratelli e a giocare con loro ma venivo continuamente escluso, allontanato, non mi volevano forse perché pensavano che non fossi come loro ma semplicemente non riuscivo a relazionarmi nel modo giusto con gli altri bambini e finivo sempre con lo starmene da solo. Per questo combinavo sempre qualche casino, probabilmente volevo attirare l’attenzione ed essendo più forte e più grosso degli altri ero giunto all’errata conclusione di poter trasformare quel mio punto di forza in prepotenza, e per difendermi spesso attaccavo per primo. Inutile dire che con questo atteggiamento mi trovavo quasi sempre nei guai. Crescendo, con l’aiuto di diverse persone che si sono dedicate a me, con educatori che hanno saputo ascoltarmi e consigliarmi e che mi hanno accompagnato in molte esperienze, ho imparato quale era il modo giusto per stabilire rapporti sani e fondati sul reciproco rispetto. Anche lo sport ha avuto un ruolo in questo, ma ho dovuto provarne diversi prima di scoprire che era la boxe il mio sport e che era quella che dovevo fare. Mi sono cimentato nell’arrampicata che per il fatto di essere all’aperto e per i panorami che offriva mi piaceva moltissimo, ma purtroppo non avevo agilità e struttura fisica adeguata a salire su quelle rocce come un ‘ragnetto’ come vedevo fare spesso dagli altri. Provai con il nuoto ma non mi entusiasmava ed infine il basket. Quella esperienza in particolare mi fece capire una volta per tutte che gli sport di squadra non facevano per me, io dovevo lavorare per me stesso. Un giorno però accadde che, proprio durante un allenamento di basket, mi accorsi di un sacco appeso in un angolo della palestra e iniziai a colpirlo, prima un paio di pugni, poi ripetutamente e ad ogni pugno mi sentivo meglio e mi dimenticavo degli altri, per la prima volta ero io che volavo via libero, lontano da loro e la mia rabbia piano piano spariva. Decisi che ero nato per fare quello.
Purtroppo la boxe come gli altri sport da combattimento ed arti marziali in generale, sono preclusi almeno inizialmente a ragazzi che come me hanno avuto problemi con la gestione della rabbia, così ho dovuto mio malgrado accantonare momentaneamente quell’idea. Quest’anno però, frequentando una palestra di Tortona ho notato la locandina della BOXE TORTONA. Ormai sono quasi alla fine del mio percorso riabilitativo che dicono si sia dimostrato molto positivo sotto
diversi aspetti, così la mia richiesta di poter frequentare la scuola di boxe questa volta è stata accolta positivamente e ora sono anche io un pugile della BOXE TORTONA. – Marco, il coordinatore della comunità mi confessa di aver rivisto Miller dopo diverso tempo e di averlo trovato cambiato, migliorato, a scuola ottiene discreti risultati nonostante sia sempre stato uno ‘svogliato patologico’ in qualsiasi attività, e anche nei rapporti personali lo ha trovato molto maturato. – Prima qualche casino ogni tanto lo combinavo anche a scuola quando perdevo la pazienza, adesso invece…Zero casini! – mi dice Miller – sono troppo stanco per andarmi a cercare delle grane da quando faccio la boxe, che poi sinceramente mi guardo intorno e penso “ma chi me lo fa fare? Fate quello che volete io sto bene così!” – Mentre ascolto Miller parlare con la sua voce pacata e quel tono tranquillo, e mentre lo guardo dentro quegli occhi neri che danno l’impressione di essere sempre sorridenti, faccio fatica ad immaginarmelo in preda ad una crisi di rabbia. Poi penso che con tutta probabilità anche io do l’idea di essere una persona tranquilla ed equilibrata e nessuno immaginerebbe mai che razza di incontenibile ferocia si sia impadronita di me in alcune occasioni passate. Io credo che tutti, chi più chi meno, abbiamo una riserva di rabbia nel nostro io profondo, alcuni riescono ad ignorarla completamente o a diluirla con altri sentimenti che prendono in sopravvento ma qualcuno non è così bravo o ne ha ingoiata così tanta che fatica a mantenerla sotto controllo, ad assorbirla o ad ammortizzarla. La boxe è un incredibile antidoto a questo malessere e nonostante età, sesso e storie completamente diverse, scopro che probabilmente senza saperlo, il motivo che mi ha portato alla Boxe Tortona è lo stesso di questo ragazzone. Prima di salutarci chiedo a Miller se il suo obbiettivo è quello di combattere sul ring. A lui brillano gli occhi e senza pensarci un attimo mi risponde che non vede l’ora. – Nicholas è un ‘talent-scout’ del pugilato oltre ad essere un bravo maestro, non so se hai visto che razza di pugili è riuscito a trovare e preparare in pochissimo tempo, lui punta molto su di te sai? – Miller sorride pieno di orgoglio – si, infatti mi grida sempre e me ne dice di tutti i colori durante gli allenamenti, ce l’ha sempre con me!- lo dice ridendo e pieno di soddisfazione perché nonostante la sua giovane età ha già capito che nella vita come nel pugilato, chi tiene veramente a te non ti da sempre ragione e non ti accarezza quando di comporti male o non fai il tuo dovere, chi tiene a te ti spinge in ogni modo e con ogni mezzo a diventare la versione migliore di ciò che sei. – Ci vediamo domani sera all’allenamento – gli dico strizzando l’occhio – contaci! – mi risponde Miller e mi guarda allontanarmi con il sorriso compiaciuto di chi, cercando disperatamente di essere un ragazzo normale scopre di essere molto di più, scopre di essere un ragazzo speciale, scopre di essere un pugile.
(Un ringraziamento particolare a Monica e Marco per la collaborazione la disponibilità ed il lavoro splendido che riescono a fare ogni giorno, in silenzio, con questi ragazzi.)
Silvia Simona Biolcati Rinaldi.